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La Pianificazione inutile della Provincia

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Gli anni ’90 – Il crollo della partitocrazia e la speranza nella nuova legge per gli enti locali

Enzo Mazzella morì improvvisamente il 29 giugno 1990. Era un venerdì ed era il giorno dell’onomastico di sua figlia Paola. Era stato il primo degli eletti al Consiglio Regionale della Campania nella lista della DC con oltre 90mila preferenze e veniva indicato come il futuro Presidente della Giunta Regionale. Non aveva ancora 53 anni. Lo uccise un infarto ma forse fu il ritmo stressante. Un lavoro politico frenetico con appena 3 o 4 ore di sonno. Lo ricordai, con enorme affetto e stima, su “Il Golfo” nell’edizione di domenica 1 luglio e quel ricordo è riportato nel mio libro “Ischia, Oltre la cronaca – i fatti dell’isola (1988-1990) nel commento di un testimone del tempo”a Lui dedicato (pagg.61-62-63). Riconfermo, punto per punto, parola per parola,quello che scrissi  circa 22 anni fa. Ricordai “il gruppo del ‘72”, come ci chiamava Enzo, di democristiani e socialisti a “Il Giornale d’Ischia”che “portò avanti la “politica di programmazione economica e di pianificazione territoriale”e che trovò in Enzo il primo e più importante sostenitore nel consiglio comunale di Ischia dove era assessore alle finanze dal 1964”.

Enzo morì come Vincenzo Telese (1907-1970). Anche Telese morì d’infarto nel 1970 la sera dopo il comizio di apertura della campagna elettorale della DC per il Comune di Ischia dove si presentava per la quinta volta dopo essere stato sindaco di Ischia per 4 volte dal 1946 al 1964 e si ripresentava dopo aver fatto per cinque anni il Presidente dell’EVI. Aveva 63 anni.

I due più grandi sindaci d’Ischia del secondo dopoguerra – il primo protagonista del grande lancio internazionale anche nel nascente settore della “comunicazione”ed il secondo protagonista della “politica delle opere”con un grande demanio pubblico ed una politica di “redistribuzione del reddito”– morivano allo stesso modo nel pieno della loro maturità. Enzo moriva proprio nell’anno di approvazione della nuova legge sugli enti locali.

Gli anni ‘90 per il sistema degli enti locali nascevano con grandi speranze perché finalmente per iniziativa del Ministro degli Interni, Antonio Gava, veniva approvata- anche sulla spinta dei socialisti che ne avevano fatto una questione essenziale – la nuova legge sugli enti locali  - la n. 142 – che doveva attuare completamente quella  che i socialisti chiamavano “la Repubblica delle Autonomie”con un grande ruolo di legislazione e di programmazione della Regione, un ruolo intermedio di rappresentanza generale della Provincia ed un ruolo fondamentale dei Comuni. Un disegno apparentemente  perfetto. Finalmente la Provincia – l’eterno malato del sistema autonomistico italiano dopo l’istituzione delle Regioni del 1970 – aveva un ruolo di “coordinamento della pianificazione territoriale”. Doveva redigere ed approvare un Piano Territoriale di Coordinamento, uno strumento urbanistico completo che doveva mettere insieme, nel caso della Provincia di Napoli, le scelte di sviluppo di 92 Comuni con circa 3 milioni e mezzo di abitanti su circa 1.170 Km2,  con una densità di 2.400 abitanti per  Km2,una delle più alte d’Italia assumendo la nuova denominazione di “Città Metropolitana”.

Il disegno era solo “apparentemente”perfetto. Non aveva fatto il conto con un “centralismo”della Regione diventato ormai, a vent’anni dall’istituzione, un “grosso municipio”ed una “grossa banca”i cui “amministratori”, scarsamente “legislatori”, non  erano disposti  a cedere poteri di amministrazione agli enti locali. La “Città Metropolitana di Napoli”avrebbe dovuto essere costituita dalla Provincia che inglobava il Comune di Napoli, il più grande del Mezzogiorno, come dire il pesce piccolo avrebbe dovuto mangiare quello grande. I poteri di pianificazione “passiva”, il piano paesistico, e “attiva”, il piano regolatore,tra Regione e Provincia non erano sufficientemente chiariti così come quelli in materia di “tutela ambientale”tra Stato e Regione. Di fatto alla Provincia fu assegnato un ruolo di “passacarte”non decidente.

Anche a Napoli ed ad Ischia nel 1992 scoppia  tangentopoli e scompaiono i vecchi partiti con  l’uscita di scena di molti democristiani e socialisti.

Il cosiddetto “Rinascimento”napoletano avviato dal sindaco Antonio Bassolino anche con l’entrata in vigore del 1993 della nuova legge sull’elezione diretta del sindaco e del presidente della Provincia produce effetti anche alla Provincia di Napoli. E’eletto nel 1995 il sociologo Amato Lamberti, esponente dei verdi già assessore di Bassolino. Lamberti vara una giunta di alto profilo e punta al rilancio della Provincia come ente di programmazione. Il Piano Territoriale di Coordinamento è elemento centrale. Lamberti nomina una commissione di tecnici presieduta da un luminare dell’urbanistica, Marcello Vittorini, ed in quattro anni è pronto il Piano. Lamberti in una massiccia campagna di stampa sottolinea che il PTC è “sovraordinato”rispetto ai Piani Paesistici e nel caso dell’isola d’Ischia la dichiarazione acquista enorme importanza: significa che il PTC modifica  l’ipervincolistico Piano del Ministro Antonio Paolucci. Non  sarà così.

Il “preliminare”del PTC  viene presentato da Lamberti nel febbraio del 1999. Ne riporto i tratti salienti in un articolo a mia firma  che appare nel numero di  marzo/aprile 1999 della rivista ufficiale “Le Province”, organo ufficiale dell’Unione delle Province d’Italia. E’”un corposo volume di circa 400 pagine ricche di cartelline e tabelle al quale ha lavorato per circa tre anni un gruppo di tecnici coordinati dal prof. Marcello Vittorini che ha rimarcato “il grande ruolo che  è chiamata a svolgere la Provincia per dare uno sviluppo finalmente equilibrato a un territorio così complesso e così densamente popolato”.

Dichiara L’assessore provinciale alle politiche territoriali, arch. Giulio Rossi Crespi: “Questo documento vuole aprire un grande dibattito civile sul futuro della nostra area e vuole iniziare finalmente una programmazione-processo insieme soprattutto ai Comuni poiché non si configura come un “super piano regolatore”ma come uno strumento di coordinamento e di riferimento flessibile e dinamico che traduce in termini di concretezza gli indirizzi unitari”. Il PTC sarà  approvato solo in Giunta nel corso del secondo mandato di Lamberti ma non sarà mai approvato in Consiglio Provinciale. Nemmeno la nuova Giunta del verde Di Palma – 2004-2009 – approverà il PTC in Consiglio e così la  maggioranza di centro-destra di Cesaro. Ma cominciano i dubbi sull’utilità e la validità del PTC. In un articolo apparso su il “Roma”di mercoledì 15 ottobre 2008 l’ex-consigliere comunale di Napoli, Andrea America, sostiene l’assoluta inutilità del Piano Territoriale di Coordinamento definito “documento generico, indistinto, vuoto di contenuti vincolanti di tipo conformativo e prescrittivi” che si riduce “ad una serie di direttive astratte ed indeterminate che non offrono alcun ausilio ai Comuni per l’elaborazione dei propri strumenti urbanistici”mentre la Regione Campania “non ha predisposto un piano paesistico regionale”e “così le risultanze di tale confusione di competenze (Ministero dei Beni Culturali, Regione e Provincia) e di responsabilità è che allo stato non esce nessun piano paesaggistico né a livello regionale né a livello provinciale”. America non sarà mai smentito. Il Governo tecnico del prof. Mario Monti ha avviato lo “smantellato”dell’Ente Provincia. Vent’anni perduti per il “sistema istituzionale della Pianificazione Territoriale”?

Casamicciola, 7 marzo 2012-03-07

7 – continua

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