Ischia News ed Eventi - Lo zampognaro della Ciociaria

Lo zampognaro della Ciociaria

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Viene, due volte all’anno sempre nel mese di dicembre, per circa 10 minuti e per 18 giorni, nella mia casa – che prima ancora è stata la casa dei miei nonni e dei miei genitori – da oltre 50 anni – mezzo secolo – a suonare la sua zampogna accompagnata da un pifferaio che fa anche il cantante. E’ un uomo discreto, di poche parole, dignitoso ed umile e prima di cominciare la sua novena dell’Immacolata porta in casa una “cucchiarella” di legno quale suo dono. Il piccolo concerto si deve tenere di fronte ad una statuina dell’Immacolata per la prima novena ed ad un presepe per la seconda di Natale che comincia il 14 dicembre. Prima di cominciare si accende la candela e per pochi minuti tutta la famiglia ascolta il canto e la musica e si raccoglie in una preghiera silenziosa a Dio comunque venga concepito da ogni persona.

E’ un rito o una tradizione orale che si tramanda di generazione in generazione, che si ripete per durare e che ferma il tempo e la Storia. Per anni, nella fretta della vita, non ho curato il rituale. Era compito di mio padre e di mia madre e non avevo assolutamente tempo per soffermarmi su queste tradizioni che ritenevo di una ritualità eccessiva io laico ed anticlericale, figlio della contestazione giovanile del ‘68, in aperto dissenso con la religiosità dei miei genitori.

Papà (Francesco Mazzella 1900-1977) era un addobbatore di chiese ed un musicista. Dedicava alla realizzazione del presepe mesi. Già in ottobre cominciava a costruire il suo presepe nell’allora ampia sala da pranzo incurante se provocava danni alle pareti. Aveva oltre 100 antichi pastori di legno rivestiti di piccoli abiti di costumi napoletani settecenteschi ed ottocenteschi che – mi diceva – furono comprati da mio nonno, Giuseppe (1873-1956) anch’egli addobbatore e musicista (suonava il mandolino) a San Gregorio Armeno a Napoli. Questi pastori secolari occupavano il suo gigantesco presepe che presentava al suo caro amico, il sacerdote Don Luigi Calise Piro di Lacco Ameno, con l’orgoglio di un artista desideroso di ricevere i complimenti di un suo “collega” perché la passione per il presepe era condivisa. Fin quando ce l’ha fatta ha realizzato il suo presepe fino all’ultimo del 1976, un anno prima di morire. Da allora il presepe nella nostra casa è stato limitato all’essenziale. Io non ero all’altezza e non avevo né tempo né passione. Della realizzazione del piccolo presepe se ne occupava mia madre (Anna Monti 1911-2003). Mamma curava moltissimo una piccola statua della Madonna Immacolata che gli fu donata dalla madre di mio padre, Teresa Piro (1884-1951) che l’aveva comprata a Napoli, sempre a San Gregorio Armeno ai primi del ‘900, e che mamma teneva sul comò “appesandendola” di decine di coroncine di cui ognuna era una richiesta di grazia.

Gli zampognari venivano ogni anno per le due novene. Venivano nella casa dei miei nonni paterni su alla Sentinella e poi sono venuti nella nuova casa dei miei genitori. Fin quando ha potuto anche mamma ha fatto il suo piccolo presepe ed ospitato gli zampognari fino all’ultimo Natale del 2002.

Non potevo assistere per impegni di lavoro al loro piccolo concerto ma nel Natale del 2002 lasciai detto che per l’ultimo giorno della novena che si tiene il 23 dicembre volevo essere presente perché sapevo che mamma non poteva più sentirli. Così mi sentii investito della continuità di una tradizione nel ricordo dei miei precursori che venivano dal popolo minuto ma che trasmettevano ai successori il senso della dignità, dell’onestà e del mistero di Dio alla cui ricerca andavo e vado.

Per il mistero della continuità della vita mio figlio Francesco ama queste tradizioni e fa un piccolo presepe. Mia moglie conserva la piccola statua dell’Immacolata esattamente come l’ha lasciata mia madre con tutto il “peso” delle coroncine. Degli antichi pastori ho conservato soltanto Giuseppe e Maria con due angeli e la statuina del piccolo Gesù che sono intorno all’Immacolata e che restano lì per tutto l’anno. Gli altri pastori sono custoditi da mia sorella in un’altra famiglia.

I zampognari sono diventati parte degli amici di famiglia ma per anni non ho mai chiesto loro il nome, la provenienza, la missione. Due anni fa ho voluto saperne qualcosa in più.

Lo zampognaro della mia famiglia e di altre 106 famiglie di Casamicciola si chiama Alfonso Navarra ha 65 anni ed è un agricoltore di Villa Latina, un piccolo Comune di poco più di mille abitanti in provincia di Frosinone. Viene a Casamicciola per le due novene a suonare la sua zampogna da quando aveva 14 anni. Prima di lui veniva il padre Vincenzo (1920-1987) che ha partecipato al presepe vivente di Casamicciola rimasto memorabile del 1936 vinto dal Quartiere della Sentinella di cui conservo la statuetta-premio consegnata a mia nonna

“Vengo per tradizione, come un dovere nei confronti di mio padre, per un sentimento di affetto che mi lega a questa comunità” mi disse ricevendomi in una sera di dicembre alla Villa Daniele su al Majo la cui famiglia lo ospita con il collega da circa trent’anni con grande affetto.

Alfonso viene con il collega Nicola Valente, il pifferaio ed il cantante, che ha 45 anni e che fa l’operaio edile in un comune vicino, Picinisco. Nicola viene soltanto da otto anni perché l’altro collega di Alfonso dopo circa trent’anni non se l’è più sentita.

I nostri due zampognari vivono in Ciociaria in una realtà agricola dove è stata forte l’emigrazione.

Il Comune di Villa Latina nel 1921 aveva 1769 abitanti mentre oggi ne ha 1240. Il Comune di Picinisco aveva nel ‘21 3.837 abitanti ed oggi soltanto 1206.

“Molti sono emigrati in Scozia perché erano pastori e lì hanno fatto fortuna o comunque hanno conseguito redditi più alti ma non hanno dimenticato la loro terra ed hanno investito nelle nostre zone con case e terreni. Anche io vado in Scozia a lavorare nell’edilizia d’inverno” mi dice Nicola. Anche per Nicola è diventata una tradizione venire per le due novene a Casamicciola nell’isola d’Ischia. Alfonso quest’anno mi ha portato una caciotta, una “presa di formaggio” fatta lì in Ciociaria. L’aprirò a Natale. Ricambierò, come ogni anno, con una bottiglia di vino d’Ischia.

I loro canti alla Immacolata ed al bambino Gesù sono canzoncine popolari senza alcuna pretesa di opere d’arte così come la loro musica appresa ad orecchio.

Eppure quando li sento suonare e cantare avverto la presenza di tutta la mia famiglia dell’altro ieri, di ieri, di oggi e di domani. Li vedo attorno a me e se il primo pensiero è per mio padre e mia madre l’ultimo è per il mio nipotino Stefano, che ha già 4 anni, e per l’altro nipotino Andrea, che ha appena 4 mesi.

La vita continua, nelle luci e nelle ombre, con lo sguardo ad una stella cometa come moderni Re Magi alla ricerca della giusta via verso Dio.