Ischia News ed Eventi - Il giornale che avremmo voluto fare

Il giornale che avremmo voluto fare

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C’è una canzone; c’è un film; c’è un giornale che ogni volta che mi assale la nostalgia per quello che avrei voluto fare di più nella mia vita mi ritornano alla mente.

La canzone, l’unica mi pare che abbia inciso, è “Maintenant je sais” di Jean Gabin. Uscì alla fine degli anni ‘70 con un 45 giri e non fu mai tradotta in italiano. E’ il racconto della vita di un uomo che a 60 anni scopre di non saper nulla dopo aver detto per tutta la vita “adesso io so”. Mi riconosco in quel uomo.

Il film è “les uns et les autres” di Claude Lelouch. La storia di tutto il tormentato novecento attraverso il racconto delle vite di quattro musicisti che si ritrovano a Parigi senza conoscersi per il “Bolero” di Ravel con lo stupendo finale. E’ un film lunghissimo che ebbe scarso successo in Italia dove uscì nel 1980 con il titolo “Bolero”. Mi riconosco nel direttore d’orchestra tedesco al quale da trent’anni gli rinfacciano di aver suonato per Hitler e lui risponde: cosa posso dirle delle mie debolezze?

Eppoi c’è un giornale. Un giornale che è stato per me un mito ed il racconto della sua breve esistenza mi fu fatto da due persone fondamentali per la mia formazione, due persone “che non dimenticherò mai” come si intitolava una rubrica che appariva su “Selezione” dal “Reader’s Digest”, la famosa rivista mensile dove tanti di noi hanno imparato a leggere e scrivere e che è scomparsa nell’indifferenza generale nel 2001. Queste due persone sono state il giornalista Franco Conte (1938-1988) ed il professore Edoardo Malagoli (1923-2001).

Questo giornale era il settimanale “Il Mondo” di Mario Pannunzio.

“Il Mondo” uscì in Italia dal 1949 al 1966. Voleva essere un giornale d’opinione di una Terza Forza politica da contrapporre al Partito Comunista Italiano ed alla Democrazia Cristiana e che si collocasse in una sinistra democratica capace di unire i liberali di sinistra, i socialisti, i repubblicani, gli ex azionisti del Partito d’Azione.

Vittorio Gorresio che ne fu collaboratore assiduo definì quell’impresa di carta “antifascista in nome della civiltà, anticonfessionale in nome dell’intelligenza, anticomunista in nome della libertà”.

Il ricordo de “Il Mondo” e del suo fondatore è stato al centro di un convegno che si è tenuto sabato 28 novembre 2009 a Milano in occasione del centenario della nascita di Mario Pannunzio morto nel 1968 a 58 anni.

Su “La Repubblica” di venerdì 27 novembre 2009 Nello Ajello, altro collaboratore de “Il Mondo”, ha dedicato al ricordo di Pannunzio una intera pagina mentre sul “ Corriere della Sera” il ricordo di Pannunzio è stato fatto da Giovanni Russo, altro collaboratore, che chiude il pezzo osservando che “Il Mondo” è stato l’unico grande, vero circolo di idee e di vita politica e letteraria che ha avuto l’Italia dal dopoguerra”.

Di quella esperienza giornalistica e politica me ne parlavano spesso i miei due Maestri, Franco Conte e Edoardo Malagoli negli anni ’70 quando Franco fondò “Il Giornale d’Ischia” che durò dal giugno 1971 al al giugno 1975. Appena 4 anni con cadenza quindicinale, settimanale eppoi mensile prima della chiusura. Il prof. Malagoli - che fu allievo di Benedetto Croce - collaborava al giornale con una rubrica che si chiamava “Le effemeridi” su richiesta di Franco.

A “Il Giornale d’Ischia” cominciai a collaborare nel gennaio del 1972. Avevo 23 anni. Avevo già cominciato a fare il “giornalista locale” con Mario Cioffi alla “Tribuna Sportiva dell’isola d’Ischia” agli inizi del 1970 proposto da Gianni Vuoso, con il quale a 15 anni facemmo il nostro primo giornale solo dattiloscritto, come corrispondente da Casamicciola. Lasciai la Tribuna per contrasti proprio con Mario Cioffi che voleva fare un giornale prevalentemente sportivo mentre io sostenevo che era tempo che il giornale diventasse di informazione generale togliendo l’indicazione “sportiva” dalla testata alla luce che non solo era nato il quindicinale di Franco Conte ma anche il mensile “Ischia Oggi” di Giuseppe Valentino. Mario Cioffi si oppose alla trasformazione, che del resto era già avvenuta, del giornale ed io abbandonai la Tribuna perché volevo fare soprattutto il giornalista di costume ed occuparmi di politica e di economia. L’indicazione era giusta tanto che la Tribuna dovette chiudere alla fine del 1972.

Franco Conte mi accolse con diffidenza. ”Puoi collaborare con me – mi disse – ma non devi scrivere per fare politica a favore del tuo partito, che del resto è anche il mio,ma devi lasciar parlare i fatti”. Eravamo ambedue iscritti al Partito Socialista Italiano.

Franco Conte aveva fondato il giornale come una piccola impresa editoriale. C’era un gruppo di soci – inizialmente tutti di area socialista come Giovanni Di Meglio, Franco Iacono e Pietro Di Meglio il quale era formalmente il proprietario della testata ed il liberale Franco Postiglione poi si aggiunsero i democristiani Peppino Brandi, che ne era l’amministratore, ed Enzo Mazzella, e gli imprenditori Salvatore Lauro, Salvatore Leonessa e Gilberto Bazzoli. L’obiettivo era fare un giornale di informazione generale ma anche di opinione volendo creare una nuova classe dirigente che anche nell’ isola d’Ischia potesse attuare il centro-sinistra cioè l’alleanza politica tra la DC ed il PSI. Si voleva proporre un forte rinnovamento nella DC ed una ”maturazione di Governo” nel PSI perché allora tutto il PSI locale era schierato sull’“alternativa” alla DC e non per l’“alleanza” e naturalmente il giornale era chiuso a destra cioè al MSI. Il giornale fu quindi “avversato” da una parte della DC, la grandissima parte del PSI, da una parte del PLI e logicamente dal MSI.

Nel 1974 ci fu una forte polemica della sezione PSI di Ischia contro il giornale tanto che Franco Conte restituì la tessera mentre nel 1975 Franco Postiglione si dimise da direttore responsabile perché sosteneva il PLI e non Enzo Mazzella che invece il giornale proponeva come nuovo sindaco di Ischia e leader isolano.

Cominciai da semplice collaboratore, poi divenni redattore, poi redattore capo ed infine direttore responsabile perché Franco Conte non era iscritto all’Ordine dei Giornalisti perché lo contestava. Passai al giornale tre anni e mezzo. Dal gennaio 1972 al giugno 1975 ed ho sempre detto che furono gli anni fondamentali della mia formazione professionale.

La sede del giornale era in Piazza Croce ad Ischia Porto. Uno stanzone sopra il Bar Cortina. Quello stanzone divenne il luogo di incontro culturale e politico più importante dell’isola. Si discuteva di politica internazionale, nazionale e locale, si dibattevano i problemi dell’isola, si impostavano le campagne di stampa. Anche Franco Conte si era formato su “Il Mondo” di Mario Pannunzio e quando Arrigo Benedetti riprese la pubblicazione della testata con lo stesso indirizzo politico “Il Mondo” era il primo settimanale che compravamo sia io che lui.

Eravamo laici e volevano un “riformismo socialista”. Eravamo diffidenti nei confronti della DC non troppo convinti sia della natura laica della DC sia della maturità di governo del PSI. Sostenemmo la battaglia per la difesa del divorzio nel referendum del 1974 e soprattutto facemmo la battaglia per il Piano Regolatore Generale e proprio allora Sebastiano Conte cominciò ad occuparsi di urbanistica. Nel 1973 lanciammo la battaglia per l’esproprio delle pinete (Enzo Mazzella , sindaco d’Ischia, realizzò l’esproprio nel 1978) e del Castello Aragonese ( non fu realizzato l’esproprio ma i proprietari ne fecero un luogo d’incanto valorizzando tutto il complesso monumentale) mentre a Casamicciola proponemmo l’intervento pubblico nel Pio Monte della Misericordia (purtroppo non se ne fece niente e resta ancora aperta la questione).

Insomma volevamo creare anche noi un piccolo “Il Mondo” e cercavamo perfino nell’impaginazione di imitare il settimanale che dirigeva Arrigo Benedetti e di cui era redattore capo Mario Pendinelli. Anche noi – Franco Conte ed io - collaborammo a “Il Mondo” con un servizio su “Le mine sul Castello” che portai personalmente a Roma da Mario Pendinelli, nella storica sede in via della Colonna Antonina.

La raccolta de “Il Giornale d’Ischia” 1971-1975 può essere fondamentale per capire quegli anni di intensa passione civile. Poi dopo le elezioni amministrative del giugno 1975 il giornale chiuse. Franco Conte ritornò in Canada, al “Corriere Canadese” con la moglie Noreen e con i figli Marco e Christian, ma la nostalgia fu forte tanto che nel 1984 Franco ritornò ad Ischia ma i tempi erano cambiati e morì improvvisamente a soli 50 anni nel 1988 nel giorno di ferragosto dopo aver dato all’isola, però, quel volume stupendo che è il “Pianeta Ischia”.

Prima di chiudere il giornale Franco mi chiese di continuare ma avevo solo 26 anni e non avevo la sua esperienza e la sua capacità di portare avanti una impresa così difficile. Avevo vinto un concorso alla Provincia di Napoli e preferii un lavoro più sicuro rispetto alla estrema incertezza. Non ho mai saputo se ho fatto una buona scelta. Per altri trent’anni ho fatto il giornalista locale. Per l’ANSA sono stato corrispondente per almeno 26 anni, dal 1980 al 2006, prima ero “informatore a notizia”, ma il giornalismo attivo, la presenza sulla cronaca ed il commento degli avvenimenti, non li ho mai abbandonati quasi per rimanere fedele all’esperienza fondamentale de “Il Giornale d’Ischia”.

Per circa trent’anni ho collaborato con i giornali di Domenico Di Meglio che non dimenticò mai di essere stato discriminato essendo un militante del MSI dal giornale di Franco Conte ma con me ebbe un grande rapporto di amicizia e di stima reciproca.

Ricordo uno degli ultimi colloqui con Franco Conte nell’estate del 1988 quando lui progettava di fare un quotidiano locale al quale avevo proposto la testata – semplicemente “SUD” - non solo di Ischia ma di tutte le isole dei golfi di Napoli e Gaeta “legato” però a Napoli cioè diffuso anche nei Palazzi del potere della Regione e della Provincia. “Peppino – mi disse – se riprendessimo oggi a fare il giornale dovremmo dibattere degli stessi problemi. Ischia non ha un Piano Regolatore Generale che liberi l’economia dal vincolismo assoluto della “Legge Galasso” e dall’altro freni la speculazione edilizia, è ancora divisa in sei Comuni quando ormai l’economia turistica è comune all’intera isola e che senso ha dividere Lacco da Casamicciola o Barano da Serrara? Si dovrebbe oggi costruire una classe dirigente locale capace di stare al passo con i tempi e così dovremmo avere imprenditori adulti perché la piccola impresa scompare. Anche i cosiddetti intellettuali dell’isola dovremmo trovarli o inventarli. Dopo il prof. Malagoli chi sarà più capace di fare la prefazione di un libro o tenere una affollata conferenza? Chi può tenere con autorevolezza una rubrica su un giornale ed essere ascoltato dai politici regionali e nazionali?.

Concordavo, ma fare un giornale in questo contesto di un’area laica e liberalsocialista, chiaramente schierato, è impossibile. Ci vogliono troppi soldi e ci vuole un gruppo composito che crede nella funzione “metapolitica” del giornale e le due cose non ci stanno. Se lo facessimo venderemmo 100 copie al massimo, ribattevo.

Credo che nella storia della stampa locale dell’isola d’Ischia – che “deve essere minore solo per area diffusionale e non per qualità” come scrisse su mia richiesta il prof. Edoardo Malagoli per i 500 numeri del “Settimanale d’Ischia” – la nostra esperienza de “Il Giornale d’ Ischia” possa essere paragonata – con gli evidenti limiti naturalmente – a quella de “Il Mondo” di Mario Pannunzio.

Ma quel seme è stato gettato e qualcosa è pur nato e sono certo che nell’era della “società dell’informazione” c’è ancora spazio e forse è ancora più necessario il “giornalismo di riflessione” che può essere dato solo dalla stampa scritta.

Il giornale che avremmo voluto fare non è mai nato. Ma forse prima o poi nascerà.

Alla storia de “Il Mondo” ed al suo fondatore Mario Pannunzio Eugenio Scalfari, che si formò il quel giornale per poi fondare “L’Espresso” e “ La Repubblica”, dedica un lungo ricordo apparso venerdì 5 marzo 2010 in due pagine de “La Repubblica”. Scalfari conclude affermando che “ricordare oggi questi fatti significa cercare il senso d’una vicenda privata che ebbe anche qualche risvolto pubblico e che è così remota da esser diventata la preistoria d’un’anima ormai molto lontana da quella di allora”.