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Turismo, l’industria che c’è

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Pietro Soldi su “La Repubblica” edizione di Napoli di domenica 31 luglio 2011 prendendo spunto dall’allarme degli operatori del settore per la crisi del turismo accentuatasi nell’ultimo anno soprattutto per l’eterna emergenza rifiuti, afferma che “sul ruolo del turismo a Napoli e in Campania occorre avere idee chiare ”poiché “in Campania, come in tutto il Mezzogiorno, il turismo non contribuisce alla produzione di ricchezza in proporzione alle potenzialità del territorio”. Secondo “Soldi “il dato di fondo è che il turismo meridionale stenta a strutturarsi come “industria”e da qui la necessità di “uscire definitivamente dall’assetto “artigianale” e innescare un trend di crescita di lungo respiro con “una politica turistica vera e propria”.

Riportando uno studio della Svimez Soldi sposa la proposta di “dare luogo a un coordinamento forte delle politiche turistiche delle Regioni meridionali e a un raccordo tra queste e l’azione dell’Amministrazione Centrale”cioè il Governo con la conclusione che “di fronte alla crisi del turismo che colpisce particolarmente il suo grande capoluogo la Campania dovrebbe avvertire l’urgenza di uscire dal piccolo cabotaggio in cui finora si è mossa”.

Le affermazioni sono molto discutibili. La prima considerazione è che il turismo è di fatto e di diritto la più importante “industria”di  molte località della Campania da almeno 60 anni e cioè dal tempo dei grandi interventi infrastrutturali della Cassa per il Mezzogiorno e delle grandi agevolazioni finanziarie della stessa Casmez che hanno determinato che aree come – Ischia, Capri, Sorrento, Amalfi, Positano- facessero del turismo l’industria principale se non esclusiva dalla quale è nato un indotto inscindibile dalla economia essenziale. Questa “industria” ha portato sviluppo e ricchezza tanto che da terre di emigrazione queste si sono trasformate in aree di immigrazione.

Il caso dell’isola d’Ischia è emblematico. In 60 anni si è passato da una economia agricola ad una economia turistica esclusiva. Oggi nell’isola – che è la più grande delle Partenopee – la consistenza ricettiva è di oltre 40 mila posti-letto con 3 mila imprese iscritte alla Camera di Commercio, 13mila lavoratori iscritti al collocamento e 9500 pratiche annuali di indennità di disoccupazione per i lavoratori stagionali  di cui oltre 1000 extra-comunitari. Anche il tipo di capitalismo è cambiato perché è in via di estinzione la piccola impresa familiare sostituita dalle “catene o gruppi”alberghieri che raggruppano dalle 3 alle 10 strutture alberghiere dalle tre alle cinque stelle che offrono soggiorni per tutte le stagioni e per tutte le tasche per poter competere sui mercati internazionali dei viaggi. Questo sviluppo di Ischia può definirsi “ipermaturo” così come quello della dirimpettaia Capri che su 12 Kmq. dispone di oltre 10 mila posti letto.

In quest’area di sviluppo ipermaturo la Regione Campania non è stata capace in 42 anni di avviare una politica di Pianificazione Territoriale, di Programmazione Economica, di riassetto istituzionale.

Ischia – ancora divisa in sei Comuni - non ha un Piano Regolatore Generale ma un Piano Paesistico “sovraordinato” rispetto ai PRG comunali (adottati ma non in vigore) approvato nel 1995 dal Ministro tecnico dei Beni Culturali, Antonio Paolucci, ai sensi della “Legge Galasso” per inadempienza della Regione per 11 anni.

Ischia – che è quantitativamente la più importante località turistica della Campania -  da  30 anni non ha un Ente di Promozione Turistica essendo “morente” da allora l’Azienda di Cura, Soggiorno e Turismo in perenne “commissariamento regionale” nata dalle ceneri dell’Ente di Diritto Pubblico per la Valorizzazione dell’isola d’Ischia istituito nel 1952 ed estinto per scadenza legislativa nel 1972.

Da almeno 30 anni la Regione Campania è un grosso Municipio o una grossa banca che gestisce gli interventi infrastrutturali e la promozione turistica  utilizzando l’Ente Provincia al ruolo di mortificante “passacarte” e non delegando essenziali funzioni amministrative ai Comuni. Perfino i contributi alle chiese ed alle congreghe sono gestiti dalla Giunta Regionale.

Più che un discorso di “Southern Italy” la Campania dovrebbe mettere ordine nel suo assetto istituzionale e dovrebbe veramente esaltare le “autonomie locali” rendendole  responsabili della gestione del loro territorio di cui ha definito la “tutela passiva”, come si dice in urbanistica, con un Piano Urbanistico Territoriale  che dia la possibilità ai Comuni di una “tutela attiva” con praticabili Piani Regolatori Generali. Nella sola isola d’Ischia vi sono almeno 30mila pratiche per effetto dei due o tre condoni edilizi da esaminare.

Dovrebbe la Regione Campania finalmente approvare la costituzione delle Aziende di Promozione Turistica con una democratica partecipazione dei Comuni e delle forze economiche e sociali poiché le micro-aree turistiche intendono difendere lo sviluppo raggiunto ed essere protagoniste del loro avvenire. Piuttosto la Regione dovrebbe costituire “Distretti Industriali Turistici” per migliorare l’offerta con una integrazione ed un complemento delle bellezze di ogni singola località che non dovrebbe chiudersi in se stessa. Ischia pensa al suo sviluppo ed alla sua clientela così come fa Capri e non c’è alcuna collaborazione istituzionale fra le due perle del Golfo di Napoli. Si potrebbe anche estendere il Distretto a Ponza ed a Ventotene che sono amministrativamente laziali ma napoletane per storia ed antropologia e che si trovano con un turismo cosiddetto “da sostenere” molto lontano da quello “maturo” di Ischia, Capri ed anche Procida.

Ultimo – ma per importanza – il problema del trasporto marittimo che dovrebbe essere equiparato a quello terrestre per effetto della “continuità territoriale della Repubblica” con  una fondamentale ed insostituibile Società Regionale Pubblica in luogo dell’attuale Caremar.

Insomma più che alle aree vaste si dovrebbero valorizzare le micro-aree con un ruolo veramente di alto coordinamento della Regione alla quale nulla impedisce di sviluppare un’azione politica più ampia  con le altre Regioni meridionali e con il Governo.

Casamicciola, 1 agosto 11

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