Ischia News ed Eventi - L’Isola senza il Professore

L’Isola senza il Professore

Edoardo Malagoli

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Il 21 agosto del 2001 moriva nella sua casa di Forio in via Spadara il prof. Edoardo Malagoli. Aveva 83 anni essendo nato ad Offida, un paesino delle Marche in provincia di Ascoli Piceno, il 18 dicembre 1918, secondo dei quattro figli di Cesare Malagoli, dottore in agraria ed enologo di fama nazionale morto nel 1981 a 99 anni e di Ada Cervi, casalinga. E’ stata una delle figure più alte della cultura dell’isola d’Ischia per oltre quaranta anni.

Docente di italiano e latino dal 1955 al 1976 al liceo classico di Ischia fu educatore innovativo per almeno quattro generazioni di ischitani soprattutto per il suo impegno civile, essendo anche presidente della sezione isolana di “Italia Nostra”, e per il suo insegnamento laico e liberale, essendo stato allievo di Benedetto Croce e di Adolfo Omodeo.

Proprio per il suo insegnamento laico si scontrò fortemente negli anni ‘60 con l’allora Vescovo d’Ischia, Mons. Antonio Cece, tanto da subire anche personali inchieste ministeriali.

Si era trasferito ad Ischia da Brescia, dove era dirigente del Partito Liberale e pubblicista al “Giornale di Brescia”, soprattutto per amore della cultura meridionale e dell’ambiente naturale affascinato soprattutto da quello che chiamava “l’incanto del mare”. Era socio del Centro Studi su l’isola d’Ischia e per vent’anni è stato presidente del Circolo Culturale Sadoul collegato all’Istituto Italiano di Studi Filosofici di Napoli.

Per sua volontà non ci furono funerali pubblici. La salma fu tumulata nella tomba di famiglia a Solara nel modenese.

Ricordo a 10 anni dalla morte, da umilissimo allievo, il prof. Edoardo Malagoli che è stato mio Maestro non come studente del liceo classico – avendo fatto studi tecnico-commerciali – ma come membro della società civile. Ascoltavo le sue conferenze che teneva negli anni ’60 quasi settimanalmente nelle sedi dei partiti laici come il PLI ed il PSI e leggevo con avidità i suoi interventi sulla stampa locale, che allora usciva con i numeri unici ed occasionalmente fino a quando fondammo negli anni ‘70 “Il Giornale d’Ischia” con Franco Conte ed il Professore divenne un nostro collaboratore dal 1971 al 1975 quando chiudemmo il giornale. Furono gli anni della mia fondamentale formazione culturale, politica e professionale – avevo poco più di vent’anni - che è stata fortemente influenzata dal pensiero e dallo stile di vita del Professore.

Mi affascinava la sua parola colta, il suo parlare lento ed a bassa voce, il suo straordinario rispetto per i giovani, ai quali dava del “lei”, per le loro ansie e le loro aspirazioni. Condividevo la sua concezione laica e liberale della vita contro il clericalismo quella che lui definì in una conferenza citando Guicciardini “la scellerata tirannide dei preti dalla quale bisogna liberare l’Italia”. Da qui la comune lettura del settimanale “Il Mondo” prima di Mario Pannunzio e poi di Arrigo Benedetti alla ricerca della Terza Via in politica ed in economia con un liberalismo di sinistra o con un socialismo senza il dogma del marxismo ma con Marx ed il suo pensiero inserito fra quelli di Ricardo, di Pareto, di Weber. Ma mentre il Professore rimase sempre fedele al liberalismo politico rappresentato dal PLI  -  che a Napoli aveva figure prestigiose quali Guido Cortese e Francesco Compagna (che poi aderì al PRI) -  molti suoi allievi -  di  scuola e di società civile -  ritennero negli anni ’70  che il PSI  rappresentava veramente la Terza Forza per una Alternativa Democratica alla DC sia a livello nazionale che locale e che il centro-sinistra costituiva una tappa ma non un fine.

Ma con il Professore rimaneva  quel “piacere  del pensare pulito” come direbbe Spinelli cioè quel piacere di avvicinarsi alla Conoscenza o alla Cultura  con  la consapevolezza che quello che si sa è poco rispetto al molto che si dovrebbe conoscere e quella “ebbrezza della creazione politica” che fa mettere sullo stesso piano  la Cultura e la Politica rendendole  interdipendenti.

Queste comuni passioni per la Cultura e la Politica facevano tutt’uno con il giornalismo locale al quale il Professore partecipava con autorevolezza e con l’indulgenza del saggio nei confronti del supponente. Anche dopo la chiusura del “Giornale d’Ischia” continuarono le mie frequentazioni con il Professore incrementate soprattutto dal 1978 e mantenute per circa vent’anni per il comune impegno nel Premio Nazionale di Poesia “Ciro Coppola” di cui su mia indicazione quale presidente della Pro Casamicciola Terme, organizzatrice del premio, il Professore presiedeva la giura. Ancora oggi conservo come una reliquia  l’edizione del 1943 de “I quaderni di Malte L. Brigge” di Rainer Maria Rilke che il Professore mi donò, su mia richiesta, dopo avermi fatto scoprire quella stupenda pagina “poco nota”dei “Quaderni” dove Rilke dà  una interpretazione ed una descrizione  ineguagliabili della Poesia. E’una pagina che ho letto e riletto decine di volte e che ho recitato spesso con grande intensità  perché “… i ricordi bisogna saperli dimenticare, quando sono troppi, e attendere con pazienza che tornino. Perché da soli, essi non sono ancora poesia. Quando diventano nostro sangue, sguardo, gesto, e,ormai privi di nome, non possono più distinguersi da noi stessi – solo allora può accadere in un raro momento che da essi si stacchi e si innalzi la prima parola di un verso”. La pagina è la numero 34 della insuperata traduzione di Giorgio Zampa del 1935  e contiene a matita gli appunti del Professore sulla “Poesia che nasce da questa  pazienza, da questa attesa”.

Vedevo il Professore anche come Giornalista, come Grande Giornalista, al quale rivolgersi per un intervento autorevole su un avvenimento o un traguardo importante e così anche durante le mie collaborazioni per un circa un ventennio prima al “Settimanale d’Ischia” e poi a “Il Golfo” mi rivolgevo a lui per un parere o per richiedere un intervento. Per i 300 numeri del “Settimanale d’Ischia” chiesi a lui – su richiesta del caro Domenico Di Meglio che sapeva apprezzare e stimare gli intellettuali veri anche se non erano della sua parte politica ed anzi ne erano molto lontano - un intervento sulla stampa locale che allora – negli anni ‘80 del ‘900 – si era definitivamente affermata nell’isola d’Ischia. Quell’intervento magistrale è riportato integralmente nella pubblicazione del 1999 per il decennale de “Il Golfo” e meriterebbe di essere scolpito nel marmo di  una lapide per il suo appello a migliorare la società isolana  agli “educatori e non solo a quelli istituzionali; e poiché primo compito di ogni uomo è l’autoeducazione, albergatori, artigiani, commercianti, proprietari, impiegati, professionisti, amministratori, devono essere chiamati e devono sentirsi chiamati a riesaminare i propri impegni, a riformare se stessi. A svolgere questo compito, essenziale è il ruolo della stampa locale, la quale è “minore” solo in senso quantitativo, in rapporto ad un’area di diffusione più ristretta di quella nazionale, di cui è continuazione e completamento; ma tale distinzione non deve incidere sulla qualità, cioè sull’efficacia del suo impegno volto a fornire ai lettori un’informazione precisa ed una interpretazione dei fatti equilibrata e non faziosa”.

I suoi interventi sulla stampa locale erano rari ma quando scriveva le sue parole diventavano pietre. Così resta memorabile quell’intervento apparso sul mensile “Ischia Mondo” di Antonio e Michele Lubrano del gennaio 1985 su degrado ambientale e civile della nostra isola che commentai sul “settimanale d’Ischia” con il titolo “Ottundimento” riportando il commento nel mio libro “Ischia, sul filo del rasoio” del 1986 e che definii “una delle pagine più alte mai scritte intorno all’isola d’Ischia”. Il Professore usò toni apocalittici sul degrado ambientale e civile e parlò di “soluzione finale”.

“Essere testimoni di un simile evento, vedere dilatarsi i segni del disastro, assistere allo stravolgimento di un lembo di terra tra i più  gratificati per doni naturali e pregnanza di memorie antiche, è tra le prove più dolorose che possano essere riservate all’esperienza di un uomo, sofferenza tanto più acuta ed amara perché non provocata da una catastrofe di origine naturale ma provocata da una sorta di follia collettiva, di ottundimento delle coscienze, quasi che l’amore per la vita, per la bellezza, per l’armonia si sia essiccato nei petti per far posto ad una cupa smania di evasione, all’acre gusto dell’ingratitudine verso i valori dei padri, alla stolta attrazione per il caotico, l’alienante, l’informe, il volgare”.

Scriveva a mano e credo che non abbia mai posseduto una macchina per scrivere e così rimane poco dei suoi innumerevoli interventi pubblici, delle sue conferenze, mentre molti artisti hanno potuto avere le sue presentazioni che gli amici del circolo Sadoul per i suoi 80 anni nel 1998 vollero raccogliere  in un libro dal titolo significativo: La tradizione culturale ed artistica dell’isola d’Ischia” con  le note di introduzione dell’allora sindaco d’Ischia, avv. Luigi Telese e dell’allora consigliere delegato alla cultura, Gianni Vuoso. Le recensioni sono per le mostre di Gabriele Mattera, di Giovanni De Angelis, Bolivar Patalano, Michele Petroni, Luigi Coppa, Anielloantonio Mascolo, Mario Mazzella, Marianna Coppa, Filippo Ciancianelli, Leonardo Cremonini, precedute da un saggio del Professore apparso nel catalogo del 1982 su “artisti dell’isola d’Ischia” a cura di Massimo Ielasi.

Gli amici del circolo Sadoul – fra i quali il compianto Tonino Della Vecchia, Rosario De Laurentis, Ilia Delizia, Luigi Rispoli -  vollero che il volume contenesse l’intervista che gli feci nel 1987 apparsa sul “Settimanale d’Ischia” e contenuta nel mio libro “Tempi d’Ischia” del 1988 che  racchiude gli incontri con gli uomini più significativi del secondo dopoguerra che hanno “fatto” l’isola d’Ischia. L’intervista si intitola: “l’isola ed il professore” ed occupa   10  pagine del volume ed è forse  la cosa migliore che ho scritto nella mia carriera e certamente la più preziosa testimonianza del protagonista della cultura contemporanea della nostra isola.

Era il mese di marzo del 1987. Andai ad intervistarlo nella sua casa in via Spadara a Forio munito di carta e  penna per gli appunti  ed il registratore. Parlammo per circa tre ore della sua vita, del suo pensiero, del suo incontro con Ischia, delle polemiche con il vescovo Cece, dei suoi allievi, della situazione dell’isola e delle sue prospettive. Una intervista-documento a tutto campo che cercai di “sbobinare”e di riprodurre con la maggiore fedeltà possibile – anche con il suo intercalare “e’, vero”– in modo che emergesse che il protagonista era l’intervistato e non l’intervistatore. Mi parlò di tutto. Del clima risorgimentale della sua famiglia che gli fece immediatamente respirare il vento del pensiero libero o liberale, i suoi studi a Milano passando per Venezia, la partecipazione alla seconda guerra mondiale, il trasferimento a Brescia e la militanza nel PLI,  i suoi viaggi a Napoli a Palazzo Filomarino con Benedetto Croce, il suo innamoramento per la cultura meridionale e per l’incanto del mare “la grande metafora della vita” e la passione  per le barche costruite da lui medesimo come il  “Rikki Tikki Tavi” dal  nome della mangusta di Kipling nei “Racconti della giungla” che sconfigge il serpente cobra come per dire che la piccola barca era capace di tener testa al più furioso dei mari, i ricordi dei suoi studenti migliori come Giovanni Zamboni, Giorgio Vuoso e Franco Iaccarino, le sue polemiche con il Vescovo Cece sull’art.33 della Costituzione che afferma che l’arte e la scienza sono libere e libero è il loro insegnamento per il suo insegnamento laico, le sue battaglie per l’ambiente con la presidenza della sezione di “Italia Nostra” mai più ricostruita dopo di lui e per un nuovo piano paesistico con il ricordo di quel convegno del 1962 con la partecipazione del prof. Roberto Pane menzionato “perché si sappia che è stato fatto qualcosa per contenere la pressione storica dello sviluppo”, le sue opinioni sulle figure politiche più importanti degli anni ì 60 come Vincenzo Telese e su quelle degli anni ‘80, la sua amarezza per una scuola che aveva perduto “l’anima educativa” tanto che preferì ritirarsi prima del tempo massimo ed infine il suo appello finale per un rinascimento delle coscienze: “L’isola si dovrà “europeizzare” sempre di più il che non significa imparare semplicemente le lingue straniere che servono per il turismo ma farsi una mentalità veramente “planetaria” il che non vuol significare uscire dal “provincialismo” o dal “paesismo, è vero, perché tanto più si è moderni tanto più si è capaci ed aperti al futuro quanto più si è fedeli osservanti e memori delle proprie tradizioni. Una modernità senza radici è una falsa modernità. L’impegno degli ischitani dovrebbe essere quello di conoscere meglio la loro lunga storia, la loro grande storia, che ha pagine ricchissime, di luci ed ombre, come ogni storia vivente, per poter meglio aprirsi alla storia “in fieri” che è storia europea”.

Ritornai da lui con il testo finale per avere la sua approvazione. Volevo essere sicuro di aver sintetizzato bene. Il Professore lesse l’intervista e mi disse: “Ma chi glielo pubblica tutto questo?” con un sorriso di soddisfazione. Mi fece una sola osservazione: sul punto del suo insegnamento “laico” avevo aggiunto “anticlericale” e mi chiese di cancellare quell’”anticlericale” perché – mi disse – “i laici non sono anticlericali, sono i clericali  che sono contro la libertà di culto e di pensiero, e mi pare che oggi i tempi siano cambiati con più tolleranza”.

Quella intervista iniziava con la sua risposta alla mia domanda se avesse rimpianti.

“Se ho dei rimpianti? I rimpianti sono di chi ha ambizioni. Debbo dichiararmi un uomo privo di ambizioni che non siano quelle della fedeltà a se stesso”. Osservavo che forse sta in questa risposta la chiave di lettura dell’Uomo Edoardo Malagoli. Questa fedeltà a se stesso, al suo pensiero libero, alla sua missione di intellettuale che si assegna  il compito di “seminare il dubbio non di raccogliere certezze” (Norberto Bobbio), era superiore all’ambizione di diventare, come avrebbe meritato, un grande professore universitario, un grande giornalista ed un grande scrittore. Su insistenza  del collega  Benedetto Valentino, editore e promotore del Premio Ischia Internazionale di Giornalismo, nel 1990 diede alle stampe un piccolo libretto di 44 pagine dal titolo “Appunti e spunti” dove sono contenuti 10 saggi brevi ed una premessa. E’ il solo suo libro.

Nella premessa  al libricino – dedicato ai suoi allievi “che si sono fatti con me studenti nell’animo e che oggi sono uomini operosi nei vari campi”– il Professore  afferma di avere “la sensazione di aver vissuto in un’epoca senza effettiva cultura, febbrile in superficie, ma povera di idealità quanto pullulante di ideologie” e di aver scritto quelle pagine “non  dettato dalla presunzione di essere depositario del vero o dall’ambizione di mettere in vetrina me stesso” ma soltanto “dall’esigenza di fedeltà al filone maestro della cultura laica che impone di rifiutare tutto quello che umilia o violenta la ragione”. Ed ancora l’osservazione che “essere la fanfara di chi ha il potere non equivale ad essere nel vero ed a far luce nelle menti così come onorare e continuare la tradizione civile dell’umanità non equivale ad essere reazionari”.

L’ultimo dei 10 saggi brevi è dedicato al mare forse perché il  “fascino del mare, l’incanto della propulsione velica, la fuoriuscita dalle convenzioni terrestri, costituiscono i primi motivi di superficie dell’esperienza della navigazione  che però nascondono fremiti e reazioni più nascoste e meandriche” …

“il marinaio è nomade nell’animo, può muoversi in ogni direzione, in quanto cancella senza sforzo il proprio passato, riuscendo ad aderire al presente, a viverlo come unica realtà puntuale ove è assente il peso delle memorie. Ulisse può farsi uomo talassico, sfidare l’oceano ed illudersi di attingere una più alta libertà lasciandosi alle spalle lo spettacolo degli umani conflitti; ma la terra, con  le sue accese passioni egli la porta dentro di sé, né può rinnegarla senza vanificare la sua condizione di uomo volto a conseguire virtude e conoscenza”.

A 10 anni dalla morte lo vedo ancora navigare come moderno Ulisse con il suo Rikki-Tikki Tavi”nel suo mare  alla ricerca di una nuova Itaca lasciando a noi “la terra con le sue accese passioni”.

Casamicciola 3 agosto 2011

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