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Ischia e Giglio Storie Parallele

La baia del Campese con la Torre Medicea (a destra). In mare (s.), il pilone superstite della teleferica e, a chiusura della baia, il Faraglione.

Animali e natura
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Parte I

Due Isole nel Tirreno

Scopro per caso che un’amica di Forio d’Ischia dal cognome tipicamente foriano e ben consono all’Isola Verde, non è affatto nativa del luogo in cui risiede, ma dell’Isola del Giglio.

La spiegazione è molto semplice: suo padre Giuseppe Verde lavorava alle macchine di una nave che prelevava pirite dalla miniera del Campese per trasportarla a Piombino. Per questa ragione si era stabilito con la moglie a Giglio Porto. Questo avvenne dopo la riapertura, nel novembre 1945, della miniera che era stata chiusa due anni prima per le difficoltà causate dalla situazione bellica. Nel 1962, dopo vari tentativi di reperire filoni produttivi a sempre maggiori profondità, si pervenne alla chiusura definitiva.

Gli accessi ai sotterranei furono murati; dei quattro piloni che sostenevano la teleferica che portava il materiale estratto dalle gallerie alle navi, due crollarono in seguito a mareggiate (1978 e 1986). In mare oggi resta un solo pilone, il più grande, “patetico testimone di una gloriosa architettura industriale scomparsa per sempre”i, sostituita da strutture conformi allo sviluppo turistico dell’isola. Sul tratto di costa su cui si trovava l’ingresso dell’antica miniera sorse un residence (1977), un secondo sulla strada che porta alla Cala dell’Allume, lungo tutta la baia strutture alberghiere, di ristorazione e balneari. Non più minatori e marinai, ma bagnanti e subacquei. Le navi adibite al trasporto di minerali ferrosi mutarono rotta.

Il foriano Giuseppe Verde ritornò nella sua isola dopo esser scampato per puro caso al naufragio del natante su cui era operativo. Era appena sbarcato dal motoveliero S. Antonio, quando questo naufragò nel Mar di Sardegna provocando la morte dell'intero equipaggio: i fratelli Giorgio e Paolo Fanciulli, figli dell'armatore, e il motorista elbano.

Ancora oggi ci sono persone al Giglio che ricordano Giuseppe Verde, afferma il dott. Armando Schiaffino, presidente del Circolo Culturale Gigliesei.

Lasciò dunque Giglio Porto anche Brigidina, la primogenita foriano/gigliese della giovane famiglia originaria dell’Isola d’Ischia. Non proprio gigliese, perché “per essere un gigliese devi possedere un sangue che ti lega al posto. Il sangue è ugualmente trasmesso tramite la madre o il padre”, ci informa Ennio de Fabrizioii a proposito delle caratteristiche culturali e comportamentali dei Gigliesi.

Qualcosa dei mille colori dell’isola toscana tuttavia sarà pur rimasto negli occhi e nel cuore della piccola foriana che, battezzata tra le braccia della madrina gigliese Josè Danei Fanciulli, mosse i primi passi sulla sabbia rosata del Campese.

Gigliesi a pieno titolo sono invece i discendenti di altre famiglie provenienti da Forio, come ha potuto ricostruire de Fabrizioiii incrociando i dati che si ricavano da documenti conservati nell’Archivio Comunale dell’Isola del Giglio e da quello di Stato di Firenze con quelli (dal 1622) dell’Archivio Parrocchiale isolano.

Nel 1799 si sarebbe insediata la famiglia Rum (Rumma)iv da Forio, con tutta probabilità originaria dell’area napoletana o beneventana. Le fanno seguito nel 1819 i Depoliti, nel 1832 i Lauro, nel 1841 i Cataldov, sempre da Forio. A loro fanno buona compagnia gli Scotto, discendenti di Domenico, pescatore procidano accasatosi al Giglio intorno al 1695 e i Lubrani, dal capostipite Francesco Lubrano, approdato all’isola toscana con moglie e due figli già nella seconda metà del ‘500vi. I Mattera del Giglio non sono originari di Ischia, ma della Costiera Amalfitana (Minori, 1779)vii.

Fino alla più settentrionale delle isole dell’Arcipelago Toscano, la minuscola e pescosa Gorgona, si spinse un abile pescatore proveniente da Ischia, Pasquale fu Niccola d’Ambra, nato forse a Forio nel 1730: intorno alla metà del ‘700 ottenne dal castellano della Gorgona, un certo Moretti, l’autorizzazione per una giornata di pesca. Probabilmente nel 1764 Pasquale si trasferì definitivamente nell’isoletta del Granducato di Toscana con la moglie Lucia Del Vecchio e i figli Antonio e Nunzio, ancora molto piccoliviii.

Traccia, forse, di una presenza ischitana si trova in un toponimo del quale non è nota l’etimologia: la Cala del Foriano, una spiaggia situata nelle vicinanze di Giglio Porto, oggi “solo un buon luogo per bagnanti ed appassionati di esplorazioni subacquee”che nasconde una piccola cava granitica, antichissima e rinomata perché si ritiene che abbia fornito i materiali per la costruzione del porto neroniano di Anzio, luogo natio di Nerone, e, nel I-II secolo d.C., dello stesso molo di Giglio Portoix.

Un retaggio della circolazione nel Tirreno di marinai e pescatori provenienti dalla Campania è uno degli edifici più rappresentativi dell’Isola del Giglio: la torre del Campese, eretta nel 1700 in tempi record per tutelare le acque gigliesi da pescatori di frodo napoletani che prelevavano coralli senza autorizzazione da una secca a Nord dell’isolax.

Storie queste di pescatori, marinai, trasportatori, di gente di mare. Il mare che delimita le due isole tirreniche tramite i collegamenti marittimi, di fatto, le unisce: è il loro comune denominatore.

Se altri ne cerchiamo, oltre le generiche peculiarità (clima, flora, fauna, ecc.) di isole e di ambienti costieri mediterranei con coordinate geografiche simili, insieme alle attività economiche correlate, sia primarie (agricoltura, in particolare viticoltura, pesca, ecc.), sia terziarie (navigazione, turismo, commerci, ecc.), Ischia e il Giglio appaiono molto diverse per dimensioni e territorio.

Ischia, con una superficie di 46,33 kmq è l’isola maggiore dell’Arcipelago Campano, mentre il Giglio con una superficie di 21,2 kmq è seconda all’Elba nell’Arcipelago Toscano. Insomma, il Giglio, per dimensioni,

sta all’Elba, come Procida a Ischia, ma tale equazione è ingannevole perché, mentre Procida, distante solo 4,2 miglia dall’isola maggiore, ne appare come una propaggine che la avvicina ai porti continentali, la distanza del Giglio dall’Elba è tanto più estesa (28,8 miglia) da connotarne, in particolare nella navigazione antica, la funzione di approdo nelle rotte d’altura verso il Mediterraneo Occidentalexi.

Sono simili invece le distanze dalle coste prospicienti (Ischia circa 8 mm da Capo Miseno, il Giglio circa 9 mm dal Monte Argentario) con la differenza che, mentre a Ischia compete un ruolo di grande importanza strategica nel Golfo di Napoli, il Giglio affaccia su una zona costiera di modesto rilievo portuale. All’osservatore proveniente da Ischia l’estensione del Giglio, poco meno della metà di quella dell’isola campana, appare molto inferiore. Questo certamente è dovuto non tanto alle proporzioni dei rilievi (Monte Epomeo 798 m., Poggio della Pagana 496 m.), quanto alla diversa urbanizzazione. Mentre gli abitati del Giglio si concentrano in tre frazioni (Giglio Porto, Giglio Castello e Campese) che occupano trasversalmente l’isola come la strada carrabile che le congiunge, Ischia è percorsa circolarmente da una rete di strade, statali, provinciali e litoranee, che circondano il massiccio centrale del Monte Epomeo collegando i sei Comuni intensamente urbanizzati nella fascia costiera e pedemontana, ad eccezione di quella meridionale e di Sud-Est. Imponente è la divergenza demografica: a fronte di una popolazione di circa 65.000 residenti a Ischia, il Giglio oggi ne conta circa 1445, di cui solo 1154 nell'intero arco dell'anno. Tali sommarie impressioni che sorprendono il visitatore al suo arrivo al Giglio da Ischia vengono ingigantite, a confronto, dalle diverse proporzioni dei traghetti, degli edifici, del porto principale, del castello, dei torrioni e delle guardiole, persino dei vitigni e dei limoni. Ma anche compensate, per chi è abituato a grandi metropoli o a isole più estese, dalla vastità degli spazi liberi e dalla sublime sensazione che si prova nelle piccole isole di sentirsi circondati dal mare.

La sostanziale diversità tra le due isole però è nella loro origine geologica e nella natura del suolo. Granitica, compatta, statica e povera di terreni fertili, l’Isola del Giglio “è il risultato di un lentissimo ma inesorabile, innalzamento del fondale marino” avvenuto probabilmente circa 4,5 milioni di anni fai. Tufacea, fragile e instabile per i depositi di materiali piroclastici incoerenti, dinamica e mobile per la pressione del suo ventre magmatico, fertile è la vulcanica Ischia che emerse dal mare per sprofondarvi di nuovo e, dopo un periodo di quiescenza sottomarina, riemergere in una fase fortemente esplosiva (eruzione del Tufo Verde, 55.000 anni fa). Successive fasi, sia eruttive, sia effusive, ne completarono e modificarono la morfologia, insieme a terremoti e frane ricorrenti fino all’età storicaii. Tali fenomeni si verificarono dunque in epoche molto più recenti, quantificabili non in milioni, ma in migliaia di anni.

Per questo, alla straordinaria ricchezza mineralogica del Giglio, si contrappone l’incredibile campionario di formazioni e materiali vulcanici che si manifesta in ogni parte dell’Isola d’Ischiaiii.

La ricchezza mineraria dell’arcipelago toscano attirò naviganti e importatori da vicine località costiere sin da epoche preistoriche e protostoriche; in età storica anche dai più remoti porti mediterranei.

Per quanto riguarda Ischia, le sue principali risorse minerarie, l’ottima argilla, le sorgenti e i pozzi, le acque termominerali, in parte potabili, hanno certamente rivestito un ruolo di grande importanza per gli insediamenti umani e per le “industrie” di manifattura di vasellame e laterizi e nei relativi commerci dall’antichità fino a tempi recentiiv. Oggi le miniere di argilla di Casamicciola sono esaurite, come quelle di pirite al Giglio, ma le acque termominerali hanno assunto un ruolo determinante, in particolare per le loro applicazioni terapeutiche, nello sviluppo turistico. Il loro utilizzo si è rivelato interessante anche per la fabbricazione di cosmetici di ottima qualità. Controversa è invece la presenza, in epoche remote, di miniere d’orov e temporaneo lo sfruttamento di giacimenti di allume e zolfo (XV secolo) vi. L’utilizzo del tufo verde e di altre rocce e materiali vulcanici ha trovato largo impiego nei secoli nelle costruzioni locali (edifici,“case di pietra”, grotte, cellai, parracine, muri di contenimento, ecc.), contribuendo a delineare il profilo tanto caratteristico, nelle forme e nei colori, dell’edilizia storica ischitana.

Nel complesso, le caratteristiche geofisiche condizionarono gli insediamenti umani in ciascuna delle due isole ancor più che la posizione geografica. Mentre le storie e le rotte dei naviganti si incrociano nel Tirreno sin dalla preistoria, la Storia di ciascuna isola, di Ischia e del Giglio, sembra seguire percorsi paralleli, quasi disgiunti dall’orizzonte marino che si estende da Levante a Occidente e viceversa, oltre le Isole Ponziane, quando nei giorni di buona visibilità agli occhi dell’osservatore che da Forio o dalle alture di Ischia volge lo sguardo verso il Basso Lazio si stagliano nell’azzurro Ventotene e Ponza. Tale linea di demarcazione è antica quanto la memoria storica dell’Occidente. Nel secolo VIII a. C., nell’anno 776 a. C., si celebrarono i primi giochi olimpici, non solo evento sportivo e panellenico, culturale e di culto nell’Olimpia sacra a Zeus, ma anche applicazione di un sistema cronologico strutturato con continuità in quadrienni. Nello stesso secolo si afferma la diffusione dell’alfabeto greco, inventato adattando quello fenicio alla lingua ellenica, e la redazione scritta dell’epos omerico.

Quasi contemporanee, secondo la tradizione, furono la fondazione di Roma (753 a. C.) e, in Campania, di Cuma (754 a. C.), la più settentrionale, all’epoca, delle colonie greche d’Occidente. Quest’ultima fu preceduta nel secondo quarto del secolo, da un insediamento di pionieri provenienti dall’Eubea, che si stabilirono nelle isole prospicienti la costa campana, che chiamarono Pithekoussai. Ischia, la maggiore, al centro del Mediterraneo, assunse per alcuni decenni il ruolo di crocevia di commerci, di popoli e di culturevii.

Per due secoli le maggiori potenze marinare e commerciali, Fenici, Etruschi e Greci convissero in pace nel Tirreno dominato nell’area centro/settentrionale dagli Etruschi, profittando reciprocamente dello scambio di merci e di culture. Alla fine del VII secolo però questo equilibrio si ruppe. In cerca di nuovi mercati e attratti dai ricchi giacimenti metalliferi presenti nell’area iberica, dei Greci provenienti dalla costa ionica dell’Anatolia, si spinsero oltre lo stretto di Gibilterra e fondarono nuovi empori nel Golfo del Leone, interferendo nelle rotte fenicie ed etrusche. Nel 565 migranti greci da Focea (oggi Foça, Turchia) fondarono Cirno (Kyrnos) in Corsicaviii, sul tratto di mare dominato dagli Etruschi. Quando, vent’anni dopo, vennero raggiunti da un secondo massiccio contingente di profughi dalla città assediata dai Persiani, con le famiglie, tutti gli averi e la flotta di penteconteri, veloci navi da guerra, l’insediamento greco nell’Alto Tirreno si consolidò nella fondazione di una città, Alalia, che entrò in conflitto, per azioni di pirateria, anche con i Fenici. Questi, alleati con gli Etruschi, aggredirono intorno al 540 a.C. i Focei nel Mar Sardonioix, tra la Corsica e la Sardegna, costringendoli ad abbandonare la Corsica e a rifugiarsi in Magna Grecia a Sud di Cuma. L’egemonia sull’Alto e Medio Tirreno rimase agli Etruschi la cui espansione verso Sud venne però a sua volta stroncata dalla vittoria dei Greci nella battaglia navale di Cuma (474 a.C.), dunque proprio nelle acque tra Ischia e la costa campana.

Alla battaglia di Cuma parteciparono anche i Cartaginesi che sei anni prima (480 a.C.) erano stati pesantemente sconfitti dai Sicelioti a Imera in Sicilia. La separazione del Tirreno settentrionale da quello medio/basso stabilita dalle due naumachie e dalla battaglia di Imera rimase sostanzialmente valida anche dopo la sostituzione dell’egemonia romana a quella etrusca e cartaginese e nelle epoche successive.

Recentemente Giuseppe Mazzella e Gianni Vuoso, giornalisti e studiosi ischitani, seguendo le tracce dell’emigrazione dalla loro isola verso le Isole Ponziane, “napoletane” per cultura e laziali per amministrazione regionale, e della colonizzazione della maggiore nel 1734, hanno visitato Ponza (2009) e Ventotene (2010) e incontrato i discendenti di migranti originari di Ischia e altri isolani disposti a mediare informazioni utili alla ricostruzione della memoria storica e all’elaborazione di un progetto di sviluppo economico comune alle isole dell’arcipelago campano e ponziano. Il racconto dei loro viaggi, le osservazioni e le riflessioni sono stati pubblicati in questa stessa rivistax, un suggestivo reportage audiovisivo nel Webxi. La colonizzazione di Ponza da parte di emigrati ischitani ha anche ispirato il romanzo tutto al femminile di Rita Bosso, una scrittrice che vive tra Ischia, Ponza e Romaxii.

A me invece, studiando le rotte dei naviganti greci in epoca arcaica (prima metà del VI secolo a. C.), trasversali, per così dire, alle storie “parallele” di Ischia e del Giglio, recandomi al Giglio per visitare un sito archeologico che presenta alcune analogie con uno pressoché coevo di Ischia, è capitato, curiosando nel passato dell’isola toscana, di scoprire non solo la discendenza ischitana di alcune famiglie gigliesi e di altre residenti in isole dell’Arcipelago toscano, ma anche che, oltre le storie di gente di mare, sia individuali, sia inserite nel contesto di colonizzazioni di isole spopolate, di commerci e di industrie, esistono episodi di grande rilievo nello scenario storico tirrenico e mediterraneo che accomunano la storia delle due isole.

Sono questi dunque gli appunti di un viaggio realizzato da Ischia al Giglio, fisicamente nel maggio 2010, intellettualmente, studiando, per un arco di tempo molto più lungo nelle sedi della BNCR (Biblioteca Nazionale Centrale di Roma) e AAR (American Academy in Rome).

Nonché, ovviamente, navigando: nel Web.

L’articolo è stato pubblicato in La Rassegna d’Ischia 1/2011, pp. 21-24.

iNOTE I

 

i Fei, pp. 59 e 63.

 

ii L’Isola del Giglio non possiede una biblioteca pubblica, ma il Circolo Culturale Gigliese ha prodotto diverse pubblicazioni e il dott. Schiaffino che ringrazio per la preziosa collaborazione, è un archivio parlante.

 

iii de Fabrizio, p. 87.

 

iv de Fabrizio, pp. 51-57.

 

v Secondo il Dizionario Storico Etimologico dei Cognomi d’Italia UTET II 2008 il cognome tipicamente gigliese deriverebbe da Rumma o Rummo, forma abbreviata con la perdita del primo elemento di Annarumma o Donnarumma, tanto diffusa nel Beneventano e Napoletano che nel 1840 ne è documentata l’imposizione come cognome ai trovatelli, alla stregua di Esposito.

La diffusione del cognome Rumma/Rummo fino alla Toscana è legata alla circolazione di marinai e pescatori nel Mar Tirreno.

vi de Fabrizio, pp. 55 e 56.

vii de Fabrizio, p. 64.

viii de Fabrizio, p. 54.

ix R. D’Ambra, Il tesoro di Pasquale, storia di una famiglia di pescatori da Ischia alla Gorgona 1764, Livorno 2009.  L’opera è interamente pubblicata sul sito www.ilgorgon.eu/ alla voce "Gorgona-Storia”.

x Fei, pp. 27, 67 e 74 (nr. 25).

xii Gallina Zevi, Turchetti, p. 137 e 292.

xiii Fei, pp.11 e 15.

xiv Tra i 150.000 anni (età delle rocce più antiche datate) e il 1302 d. C. in fasi alterne (5): http://www.ov.ingv.it/ischia.html

xv Mentre il Giglio ha saputo valorizzare il suo patrimonio mineralogico con un apposito museo, Ischia che Paul Buchner, lo scienziato in essa operativo, definiva “un vero e proprio compendio di vulcanologia” (P. Buchner, p. IX), è tuttora priva di un museo vulcanologico. Sul tema v. Alecu in: http://www.ischiablog.it/index.php/economia-e-turismo/ischia-un-vulcano-da-scoprire-e-da-amare/.

xvi Buchner, Ridgway, p. 32, s. per i giacimenti di argilla figulina.

xvii Le chrysèia (miniere d’oro), menzionate da Strabone (V, 4,9), geografo greco che scriveva nel I secolo d.C., emendate in chytrèia (botteghe ceramiche) o interpretate come chalchèia (fonderie di bronzo) oppure come chrysèia (oreficerie). Sull’argomento si rimanda a Pipino, pp. 18-21.

xviii Pipino, pp. 22-33.

xix Buchner, Gialanella, pp. 16-18.

xx Antonelli, p. 223, s..

xxi Antonelli, pp. 228-240.

xxii G. Mazzella, G. Vuoso, Ponza, l’altra Ischia, RI 5/2009, pp. 21-31 e Ventotene, l’isola di Altiero, RI, 5/2010,pp. 20-32.

xxiii Ponza, l’altra Ischia, http://blog.ischia.it/i-personaggi-e-la-storia-dellisola-dischia/reportage-su-ponza-altra-ischia/1706/

xxiv R. Bosso, Memorie di Amalie, Ponza 1734-1868, Teramo 2010.

 

BIBLIOGRAFIA I

L. Antonelli, Traffici focei di età arcaica: dalla scoperta dell’Occidente alla battaglia del mare Sardonio, Roma 2008.

R. Bosso, Memorie di Amalie, Ponza 1734-1868, Teramo 2010.

G. Buchner, D. Ridgway, Pithekoussai I, MonAL, serie monografica 4, Roma 1993.

G. Buchner, C. Gialanella, Museo Archeologico di Pithecusae - Isola d’Ischia, Roma 1994.

P. Buchner, Ospite a Ischia, Ischia 2002.

R. D’Ambra, Il tesoro di Pasquale, storia di una famiglia di pescatori da Ischia alla Gorgona 1764, Livorno 2009.

E. de Fabrizio, Isola del Giglio, il territorio, gli abitanti e la storia, Isola del Giglio 2005.

Dizionario Storico Etimologico dei Cognomi d’Italia UTET II, Torino 2008.

A. Fei, Civiltà mineraria all’Isola del Giglio, Circolo Culturale Gigliese, Isola del Giglio 1989.

A. Gallina Zevi, R. Turchetti, Le strutture dei porti e degli approdi antichi. Atti del seminario - Roma, 16-17 aprile 2004, Soveria Mannelli (CZ) 2004.

G. Mazzella, G. Vuoso, Ponza, l’altra Ischia, RI5/2009, pp. 21-31

G. Mazzella, G. Vuoso, Ventotene, l’isola di Altiero, RI 5 /2010,pp. 20-32.

G. Pipino, Oro e allume nella storia dell’isola d’Ischia, RI 6/2009, p.18-33.

Ischia & Giglio Storie Parallele - parte II

Ischia & Giglio Storie Parallele - parte III