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S. Angelo, la festa, i pescatori

Pietro Barricelli pescatore a Sant'Angelo

Cucina e Tradizione
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Nelle foto in bianco e nero, nei bozzetti d'epoca in vendita presso i piccoli bazar del centro e nei favolosi racconti della gente che, stanca per gli anni e la fatica, se ne sta assisa tutto il giorno sulle panchine e fuori dai bar della caratteristica piazzetta, possiamo ancora scorgere il piccolo borgo di S. Angelo, come era una volta, una nutrita comunità di pescatori che nel mare generoso e nei suoi frutti vedeva riflessa é stessa, i propri valori, la propria ragion d'essere.

Oggi quel paesello di pescatori non c'è più, le tante piccole e colorate barche rimpiazzate da poche feroci e prepotenti navi-pescherecci; il numero dei pescatori (di professione, s'intende) è quasi imbarazzante: quattro, cinque o poco più, una decina al massimo. L'età media, manco a dirlo, si aggira intorno ai 65 anni. "E i giovani ?", si dirà... Beh, i giovani se ne sono andati da un pezzo, a frotte – proprio come i pesci – uno dopo l'altro, tutti. La prospettiva di più lauti guadagni deve averli evidentemente sedotti e storditi, spingendo taluni a dimenticare per sempre le proprie radici, il borgo natio, il lavoro alacre dei padri e dei nonni, e ad andare via. «Sono nato pescatore, lo era mio padre e così pure mio nonno – sentiamo dire in giro, in piazzetta. Ebbene, Dio mi ha dato tre figli: nessuno di loro è rimasto, nessuno di loro oggi fa il pescatore».

Sicché, la vecchia S. Angelo, l'antica comunità di pescatori, risiede tutta esclusivamente nella memoria di chi qui è rimasto e nel mare d'intorno, sotto costa, nella sua piccola imbarcazione di legno ha trascorso l'intera esistenza. C'è invero chi, come Pietro Barricelli, da S. Angelo non s'è mai mosso: «Il mare – ci spiega – è tutta la mia vita, qui sono nato e qui voglio morire». Ancor oggi Pietro, seppur anzianotto, quasi ritualmente riproduce ogni dì le stesse operazioni di sempre, apprese un giorno lontano di tanti anni fa da suo padre: sveglia all'alba (intorno alle 5 del mattino) per ritirare le reti gettate in mare il giorno prima, raccolta del pesce e scarto dei rifiuti, trasporto al mercato, battuta di pesca sotto costa intorno alle 4 mezza del pomeriggio con nuove reti da gettare e la speranza che si riempiano nelle ore a venire. «E' la vita del pescatore, questa, nulla di più».

Con Pietro continuiamo a parlare volentieri, è disponibile, gentile. Finiamo col sederci ad un tavolino, per un caffè. «Il mare è qualcosa di meraviglioso – ci racconta sorridente – e poi...diciamolo, è incredibilmente generoso. A differenza del contadino che tanta fatica e sudore ha da smaltire sulla nuda terra per vederne i frutti, il mare si concede a noi pescatori spontaneamente; il mare dà soltanto, nulla vuole in cambio, nulla pretende. L'unica cosa che il mare ci chiede è il rispetto, e ce ne dimentichiamo troppo spesso». Il volto di Pietro si fa scuro per un istante: ha in mente le scarpe rotte, le lattine consunte e le bottiglie di plastica incastrate nelle maglie della sua rete, quasi più pesante, al mattino, per la mondezza che per i pesci. «Lo stanno uccidendo, il mare – prorompe arrabbiato. Raccogliere queste schifezze dal mare è ogni volta un colpo al cuore, una ferita lacerante e dolorosa».

Chi è rimasto, come Pietro, il mare lo rispetta davvero. E altrettanto fa con il proprio paesello, l'incantevole S. Angelo, oasi di pace sfuggita ancora in parte all'amplesso edace del cemento e del denaro. Assieme agli altri pescatori, infatti, Pietro si dà da fare affinché siano salvaguardate alcune celebrazioni e ricorrenze tradizionali come la Festa della Lampuga, inserita quest'anno nel programma dell'evento "Viva il mare". L'intera rassegna è prevista per il giorno 2 ottobre, ed avrà ovviamente nella piazzetta di S. Angelo il proprio epicentro. Il raduno è fissato per le ore 9 presso la spiaggia "Chiaia di Rose", in vista di un'azione collettiva di pulizia delle scogliere e dei fondali antistanti la spiaggia e la baia dei Maronti, mentre alle ore 12 si leverà la caratteristica 'ndrezzata (nel dialetto ischiatano vuol dire "intrecciata"), un canto rituale, recitato e danzato con l'ausilio di spade e bastoni, davvero suggestivo. La vera e propria Festa della Lampuga entrerà nel vivo intorno alle ore 13 con la degustazione di prodotti tipici e dell'eponimo pesce azzurro (rigorosamente grigliato per l'occasione), una grande fagiolata e l'intrattenimento musicale a cura di Nick Pantalone. Tanti motivi, insomma, per non mancare all'appuntamento.

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