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Enrico Delle Donne: Una storia di arte Ischitana

Cucina e Tradizione
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Quando si farà una storia giusta della pittura italiana di questo secolo, quando saranno abbattuti i pregiudizi e saranno svaniti i fumi del cosmopolitismo e della moda, dovremo metterci a cercare tra le rovine di tante glorie d'oggi ridotte in polvere e, qua e là, fuori della pubblicità e degli interessi di mercato, troveremo che ai Camaldoli o a Ischia... c'era qualcuno che faceva pittura, per il suo privato piacere di esercitare l'esercizio della conoscenza, dell'amore delle cose umane e degli uomini»

(Renato Guttuso)

Ricordo che durante la mia esperienza all’Hotel Miramare di S.Angelo, quando il riverbero del tramonto si adagiava sulle bianche pareti dell’albergo, Enrico era li con la sua tavolozza dai mille colori, circondato da suoi quadri con il suo panama e l’immancabile sigaro alla ricerca dell’ispirazione: Enrico Delle Donne “cantore della serena contemplazione”.

Ho sempre avuto un debole per i racconti degli altri, se poi ti riportano indietro nel tempo allora l’interesse e la curiosità aumentano. Ho chiesto al mio amico Augusto (figlio di Enrico) se potevamo pranzare insieme, volevo sentire il papà raccontare come la sua arte lo aveva accompagnato in tutti questi anni rendendolo famoso ad Ischia e all’estero.

Porto di Forio, leggera brezza di fine estate, un tavolo per tre al “Saturnino”, ristorante storico frequentato da pittori e scrittori di li a venire famosi. Come Edoardo Bargheer che nel 1950 invitò a cena uno sconosciuto Truman Capote che mesi dopo si presentò sulla scena internazionale con il suo indimenticabile capolavoro: “Colazione da Tiffany”. Per quell’occasione speciale Filippo, attore di teatro in pensione e ristoratore, cucinò gli spaghetti “all’americana”. Stavolta lo chef Ciro ci avvisa che preparerà le linguine “alla Enrico”:ricciola nostrana,fagiolini,capperi e basilico per un mix di colori e sapori!

E’ il 12 Settembre ,S.Maria, e la montagna imponente pullula di vita con intere famiglie che sono salite “al monte” per celebrare la madonna. Dopo pochi minuti di silenzio ,continuando ha fissare le balze dell’ Epomeo, Enrico sussurra :”potrebbe essere lo spunto per un bellissimo quadro”

Il calice di Biancolella accompagna un leggero antipasto che da il via al racconto di tanti anni di gavetta, apprendistato, delusioni, soddisfazioni con uno sguardo pieno di emozione ricordando quelle opere d’arte dove per incanto nature morte, spiagge vuote, prendono vita magicamente con il blù vivo che esalta la luce abbagliante, splendida dell’isola di Ischia, i suoi angoli di natura, il silenzio delle antiche strade, mura bianche,con un impasto cromatico forte e incisivo, opere che hanno un anima inconfondibile. Il Castello Aragonese, la Chiesa del Soccorso,la luce speciale che accompagna i tramonti di Ischia, ma anche Venezia, sono queste le bellezze che più lo hanno emozionato e che quasi come una simbiosi artistica ha dipinto con una leggerezza quasi adolescenziale. Ricordando quando arrivò per la prima volta al Canal grande a Venezia e si rese conto che dalla gioia stava lacrimando.

La stessa gioia Enrico la avuta quando scoprì la ceramica lavorata, con innumerevoli capolavori che fanno la loro bella mostra in diverse abitazioni dell’isola ,ma anche e soprattutto all’estero dove queste opere ne hanno fatto un vero è proprio ambasciatore ischitano dell’arte, dove la tonalità predominante del “blù graffiato” sembra ovattare il mondo delle sue rappresentazioni.

Eppure l’ amore per la pittura di questo artista autodidatta ,come ama definirsi, iniziò quasi per caso nel 1972 quando entrò in una libreria per acquistare un libro sulla ceramica. Invece ne uscì con una scatola di colori a olio cominciando ha studiare luci, ombre, forme e proporzioni estrinsecandole con tonalità tenui e delicate delle miriadi di trasformazioni, che assume l’incantevole paesaggio dell’isola verde con il susseguirsi delle stagioni.

 

Da li è stato un continuo successo arrivando fino in Germania dove ospite dei coniugi  Zu Stolber Vernigerode ( nobili tedeschi) si esibì in varie mostre e con un pizzico di emozione mi confessa “ E’ li che ho dipinto le più belle cose di Ischia , perché le cose a cui veramente tieni le apprezzi quando non ci sono…”. Non si è mai posto al mercato per piacere a qualunque costo e ricavarne un utile che giustifichi la sua vocazione, come racconta Renato Guttuso nel suo inciso dove sembra che parli espressamente di lui”…. qualcuno che faceva pittura, per il suo privato piacere di esercitare l'esercizio della conoscenza, dell'amore delle cose umane e degli uomini…”..

Ma se volessimo dare un nome allo stile di Enrico come si potrebbe descrivere.? “ho sviluppato la tecnica sul campo e con il passare degli anni mi sono ritrovato ad essere un impressionista per poi ritrovarmi espressionista”. Nei documenti che ho consultato vi è un commento di un famoso critico d’arte che mi ha colpito particolarmente:

” Enrico Delle Donne non appartiene a quella schiera di pittori domenicali che affidano al pennello il messaggio delle loro frustrazioni, si tuffa nel paesaggio isolano per scoprire se stesso e attraverso se stesso scoprire la verità del bello…”

Sono innumerevoli i premi e gli attestati di stima che potrei elencare ma chiudo con le parole del mio amico Augusto che era stato tutto il tempo ad ascoltare il papà con orgoglio ed ammirazione:

quando penso a papà, mi vengono in mente sempre queste parole:non chiedetemi perche' in vita mia ho commesso tanti sbagli perche' nel momento in cui io lo sapessi e me ne rendessi conto, troverei l'ardire e le giustificazioni per fare esattamente le stesse cose...buono,sensibile e generoso Ulisse in questa mia personale Odissea chiamata vita, con un pò di sacro e tanto profano;sempre in cerca di forti emozioni grandi sogni e piccole piccole verita”: Enrico Delle Donne“cantore della serena contemplazione”.

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