Ischia News ed Eventi - Blog

La buona tavola d’inverno, con ospiti d’occasione: c’ero anch’io tra i quindici antichi e nuovi nottambuli, radunati per una data simbolica, l’otto dicembre. Tutti seduti in doppio rettangolo – ma circolo ideale – tra i tepori profumati della terrazza-veranda di un locale storico, sul porto di Forio, il Saturnino, il ristorante governato da una coppia euforizzante, Ciro Mattera e Stefania Coletta, marito e moglie, ça va sans dire connubio di piatti unici e vini selezionatissimi.

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Ischia, con i suoi 8,14 km quadrati, il cui nome deriva da «Insula Maior» poi corrotto in «Iscla», è la città capoluogo dell’isola. È divisa in due nuclei, «Ischia Porto» che ne rappresenta uno dei principali abitati e «Ischia Ponte» chiamata in questo modo per via del ponte in muratura – in legno, fino al ‘700 - che collega il Castello Aragonese con il borgo.

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Un punto di vista colorato tra i vicoli della città turrita, poetico che si ravviva nel flusso della tradizione e nel sole che tramonta sulla riva del mare folgorando con il suo raggio verde chi passeggia sul litorale, sensibile ed empatico perché crea un legame indissolubile tra la gente, la città, la sua storia e chi ne resta rapito.

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È rappresentato alato in armatura con la spada o la lancia con cui sconfigge il demonio, nelle sue sembianze di drago. Da Oriente a Occidente. L’immagine di Michele Arcangelo sia per il culto e sia per l’iconografia cristiana, dipende da alcuni passi dell’Apocalisse come da alcuni nel Nuovo Testamento.

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Non c’è magia in ciò che mi lega agli spazi di Villa Arbusto, se magie non sono un affetto viscerale e una memoria commossa, il senso di un’appartenenza e il desiderio di ritornarvi. La conobbi nel dignitoso abbandono che velò di polvere le maioliche dei suoi luminosi pavimenti o logorò quelle sparse nel parco; la vissi negli anni dei miei studi tra le scansie del magazzino in cui i preziosi reperti di Pithekoussai erano ordinati e custoditi, quando si dava per imminente l’ordinamento del museo;

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Strettissimo il pianoro sotto il sole, nel plenilunio si dilata, schiarisce, rivela su un lato profili di balze e pendii, vigne basse, canneti, spalanca un orizzonte di precipizi intuibili, lontani. Sull’altro scricchiola di pomici volatili, farine vulcaniche e morte ossidiane il sentiero, profuma di ginestre lidie e di un’Eubea perduta e ritrovata.

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La meglio gioventù della pittura italiana del secondo Ottocento è in mostra a Montepulciano, nel ricchissimo Museo Civico-Pinacoteca Crociani e nella Fortezza, entrambi a due passi dalla Piazza Grande e dai tesori che questa isola di cultura fiorentina in terra senese custodisce, da Michelozzo e Antonio da Sangallo, al Signorelli, al Caravaggio. L’occasione è formidabile per chi voglia immergersi nella quintessenza della toscanità fatta pittura: una pittura di macchia, di materia fatta colore e luci abbaglianti perché meridiane, oppure taglienti perché basse di mattini pieni di promesse, o languide nel declinare del giorno; ed insinuate in chiostri, cortili, portici e viuzze, a contendere il visibile alla minaccia dell’ombra.

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