Ischia News ed Eventi - L’agriturismo di Peppe ‘e Zi’ Cumpare

L’agriturismo di Peppe ‘e Zi’ Cumpare

La Scarrupata Barano d'Ischia

Cucina e Tradizione
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Una levataccia! Alle sei, ora della sveglia per anziani e contadini -avrei voluto tanto considerarmi della seconda fascia ma, purtroppo, gravito irrimediabilmente nella prima- ero già sveglio e giravo per casa con l'intento di trovare la giusta 'mise', mentre il caffè della fedele napoletana profumava la cucina. Era accaduto che un paio di giorni prima mi ero incontrato con Peppino Vuoso tra l'Olmitello e la Cava Scura, io, con in braccio il 'divo Adriano' mio nipote, mi stavo preparando per un salutare bagno mattutino e Peppino di ritorno dall'Olmitello con due galloni della preziosa acqua utile per le funzioni renali e che sgorga da un pisciarello naturale proprio dalla viva falda tufacea; Peppino 'e zi' cumpare, così è chiamato familiarmente, ha un principio di gotta che cura con pantagrueliche bevute. Ho preso a sfotterlo dicendo che aveva la malattia dei ricchi, quelli che abusano di carni rosse, e poteva andare fiero di questa malattia che aveva caratterizzato la vita di Papi ed Imperatori in età rinascimentale.

Forzoso sorriso di compiacenza da parte di Peppino, ho avuto netta la sensazione che non avesse gradito, e poi l'invito: "Visto che stai andando per cantine, ora che hai superato la sessantina, (non ho raccolto, in effetti si riferiva ad un detto popolare che vuole l'uomo che ha doppiato la sessantina dedicarsi più alle bevute di vino che non a saltare la cavallina...), degnati di visitare il mio agriturismo sul Monte Cotto e vedrai la più bella vigna dell'isola sistemata in quello scenario naturale, dirimpetto a Capri, che va dalla guardiola alla parata del farmacista".

Non potevo tirarmi indietro, appuntamento alle Pianole di Testaccio –una depressione naturale a cui fanno da corona il monte Cotto quello di Barano e le rampe del pendio dei gelsi, ore sei e trenta per andare su con un trattorino. Peppino, figlio della buon'anima di zi' Nicola , è una persona gradevole e spontaneamente generosa, gran lavoratore nel campo dell'edilizia ed amante della terra. Ha messo su un 'fondo' di oltre cinque ettari che occupano quella lingua di terra che va dalla Guardiola quasi sino alla parata del Farmacista e che si affaccia sulla scarrupata di Barano tra la 'preta crespa', un gruppettino di scogli e l'antica sorgente del Succellaro, oggi praticamente scomparsa a causa del bradisismo che ha interessato quella zona, ma che trova in Iasolino un mentore di eccezione.

Nella sua pubblicazione secentesca quella 'De' rimedi naturali' -Giulio Iasolino era un medico e filosofo calabrese che per primo studiò le acque termominerali del nostro scoglio- riferisce che quelle del Succellaro sono le più indicate per la cura delle affezioni della pelle, era talmente salutare che veniva detta 'acqua a' rogna' capace, cioè, di curare anche questa fastidiosa patologia infiammatoria della cute ed, infatti, 'le villiche di quelle contrade hanno una carnagione fresca e vellutata come una pesca perché amano immergersi spesso in quelle fonti'. Si riferiva alla donzelle di Testaccio, Chiummano, Vatoliere, Piedimonte e Schiappone oltre che Barano e Buonopane.

La Guardiola è una postazione di avvistamento, sulla specie delle fortificazioni cosiddette 'Casamatta' risalente alla seconda guerra mondiale, ve ne sono ancora un paio con ruderi di locali adibiti alle esigenze della postazione di militari e che oggi sono utilizzati dai contadini, appollaiata sulla parte più alta del Monte Cotto dalla quale si gode una veduta incredibile. Sembra un balconcino che affaccia su Capri. Mentre ad ovest il terreno si perde tra le propaggini della parata del farmacista. Di questa ho un ricordo diretto perché agli inizi degli anni cinquanta il farmacista di Barano, dottor Garofalo, pose mano ad una intensa piantumazione di alberi d'alto fusto tra cui pini ed eucalipti con il chiaro intento di realizzare la cosiddetta 'parata' per andare a caccia di tortore richiamate dalla folta macchia di verde. Era il tempo della caccia libera e la locale sezione dei cacciatori annoverava molti iscritti. Ma pochi ebbero la ventura di andare a caccia.

La macchia si formò solo molti anni dopo e molti seguaci di Diana avanti negli anni e pieni di acciacchi, nonostante le cure del farmacista, si dedicavano, come Turgheniev, alle 'Memorie di un cacciatore'. "Ecco da qua inizia il mio agriturismo" disse Peppino mostrandomi un fazzoletto di terra di tre o quattromila metri quadrati, ben ridossato e, quindi, al riparo dei micidiali venti di scirocco, con decine di piante di limoni, aranci, ed agrumi vari. Ecco svelato l'arcano! Peppino intendeva per agriturismo una piantagione di agrumi. Mi guardai bene dal contraddirlo ed iniziammo a percorrere in lungo ed in largo il terreno, tenuto, in verità, in maniera egregia.

Lunghi filari di uve bianche e rosse distanziati lo spazio di un trattore per consentirne un'agevole manutenzione. E tra i filari migliaia e migliaia di piante di pomodori pronti per essere imbottigliate. Trovai due filaretti di viti con su dei grappoli di uva 'zizza e vacca' e 'curnicella', le mie predilette, già pronte all'uso e che subito colsi deponendole nel cesto di cui Peppino mi aveva dotato. E alle loro spalle, ben nascosto alla vista, ma con un'esposizione invidiabile l'unico filare di uva " cugliunera " con dei grappoli turgidi...,era un naturale omaggio al proprio nome.

Ora il lettore non sia troppo malizioso ed intrigante nel chiedermi il perché ed il percome del nome di quest'uva (con evidente riferimento alle gonadi maschili), e del fatto che tra tutte le qualità, io mi sia, soffermato solo su queste tre. 'Intelligenti pauca' mi avrebbe suggerito il mio antico professore di latino...Il sole incominciava a picchiare, erano circa le dieci e mezzo, quando Peppino mi ha portato nella cantina scavata nel tufo verde e dove si godeva di una frescura ristoratrice. Avevo nello stomaco solo quel caffè di inizio racconto e, come si usa dire in termini agresti, il fianco destro batteva. Non ci vedevo dalla fame e, per converso, non ascoltavo Peppino nelle sue declamazioni di botti, palmenti, mosti e quant'altro. Finalmente la frase che attendevo: "Adesso preparo 'nu' muzzucone'.

Pane raffermo bagnato, una cipolla dolce, una testa d'aglio tagliata in quattro per aromatizzare, dei bei pomodori ricchi di succo, del basilico profumatissimo e riccio riccio, la qualità chiamata napoletana, sale, olio, due foglioline di mentuccia e...vai col mambo. Per qualche minuto si sentiva solo l'intenso tubare proveniente dalla vicina colombaia e lo gnamm gnamm delle nostre mandibole. Due bicchieroni di 'saccapanna', acqua insaporita dalle vinacce, hanno spento la sete. Siamo usciti all'aperto per dare un ultimo sguardo a quello spettacolo naturale e devo dire che a stomaco pieno era diventato, se possibile, tutto più bello. "Ed allora che ne dici" mi fa Peppino.

Ho atteso un momento e, lanciando lo sguardo intorno, cercavo l'aggettivo più calzante e subito si affollavano alla mente, sgomitando tra di loro per avere il diritto ad essere prescelto: meraviglioso, stupendo, incredibile,incantevole, indescrivibile, spettacolare, stupefacente, mirabile, indicibile, unico, strabiliante, straordinario, quando Peppino mi ha dato di gomito "E allora?" "Bello, molto bello" ho risposto, imboccando la via del ritorno e lasciando i miei aggettivi a scazzottarsi tra di loro...